L’Istituto Linguistico Campano, sorto per lo studio, la tutela e la valorizzazione del napoletano e dei linguaggi regionali, ha organizzato con il patrocinio della Regione Campania, della Provincia di Napoli e del Comune di Napoli un pubblico convegno.
Con esso si vuol porre all’attenzione la necessità di uno strumento legislativo che riconosca il diritto di chi pensa, parla e usa il napoletano, o un altro linguaggio della Campania, a potersene servire e a studiarne ortografia, grammatica, sintassi e letteratura, oltre che ad esprimersi liberamente nella propria lingua.
Non meno di tre milioni di cittadini campani hanno come lingua abituale uno dei nostri “dialetti” e, nonostante la scuola e la televisione, continuano a usarla ogni giorno, sia a casa che fuori, mantenendosi analfabeti dell’italiano così come del proprio linguaggio nativo. Noi tutti non abbiamo mancato di notare che sui muri, sulle insegne dei negozi e anche sui manifesti pubblicitari, si continua a scrivere un napoletano del tutto errato o inesistente.
Da ultimo perfino l’on. Italo Bocchino si è lanciato nella sua campagna elettorale con uno slogan che vorrebbe essere scritto in napoletano e che, invece, ne dimostra in pieno tutta l’ignoranza.
A nostro avviso anche la Campania ha il diritto/dovere di dotarsi d’una legge regionale che tuteli i suoi linguaggi, noti in tutto il mondo per il loro straordinario patrimonio, di poesia, di teatro, di canzoni, di cultura. A noi sembra incongruo che nel 2005 la si possa studiare in Australia, in Giappone o in Canada e non sulla nostra terra. Si sa bene che ormai siamo una delle poche regioni italiane a non avere alcuna legge che preservi i nostri linguaggi e con ciò stesso la nostra identità e un particolare contributo allo sviluppo complessivo dell’Italia e dell’Europa.
Tutela, promozione e valorizzazione del napoletano e dei linguaggi della Campania nel loro radicamento e nella loro prospettiva per noi rappresentano sia un segno di vitalità della regione e uno stimolo all’arricchimento della civiltà europea quanto una garanzia di quella pari dignità linguistica e del pluralismo culturale, intesi come princìpi che restano sanciti dalla Costituzione italiana e dalla Carta Europea delle lingue regionali, e nondimeno aventi un senso solo quando vengono posti in essere nelle realtà locali e nella vita quotidiana.
Vogliamo ricordare che la Campania già si dotò, con la legge regionale n. 6 del 24 febbraio 1990, d’uno strumento necessario per proteggere e promuovere il proprio patrimonio linguistico e, così facendo, inaugurava quella che fu una fertile stagione di provvedimenti legislativi in Italia e in tutta Europa a favore dei linguaggi regionali. Tuttavia tale primato è andato perso quando la si è poi abrogata con la legge n. 7 del 14 marzo 2003 che detta norme in materia di cultura e stranamente nulla assegna ai peculiari compiti istituzionali in ordine ai linguaggi propri della Campania.
Ben è vero che l’onorevole Alfonso Pecoraro Scanio si è reso autore di una proposta di legge, presentata il 26 giugno 2001 con il n. 1059 alla Camera dei deputati, ma la corrente legislatura volge al termine inseguendo ben altri intenti. Tutto ciò rende per noi indispensabile che sia la Regione stessa a farsi carico d’uno strumento giuridico in grado di proteggere e diffondere la lingua che ci hanno tramandata uomini e donne in secoli di lotte e di lavoro come nostra dignità e cultura.