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La nascita della discografia partenopea
di Serse Turao

Nell'Italia del primo Novecento anche a Napoli fiorì l'industria discografica esportata da Fred W. Gaisberg, il tecnico del suono e della registrazione, che dalle pioneristiche ricerche di Charles Tainter e di Emile Berliner per la registrazione della musica e del canto su cilindri passò a incidere sui dischi piatti. Uno dei tantissimi emigranti tedeschi negli Stati Uniti, Berliner, dopo il suo lavoro di commesso in un negozio di tessuti a Washington, dedicava il proprio tempo libero, sacrificandolo agli svaghi e al sonno, a esperimenti sul fonografo inventato nel 1877 da Thomas A. Edison, fino a costruire nel 1887 il primo grammofono che al posto delle macchine parlanti si rendeva oggetto di consumo musicale.

Con la fondazione della Berliner Gramophone Company i suoni, della voce e strumentali, assumono una forma che si fa memoria, riproducendosi nei solchi d'una sottilissima spirale incisa sulla superfice circolare di un disco color pece di sette pollici, imperniato sopra un piatto rotante. Per la prima volta nella storia si possono salvare suoni per la durata di circa due minuti. Gaisberg sbarcò in Europa come rappresentante di Berliner con l'incarico di mettere a contratto autori e artisti perché rilasciassero esclusive per la loro registrazione acustica di brani, di romanze e di canzoni.

Tecnico del suono e direttore delle registrazioni per la United States Gramophone Company di Londra dal 1898 al 1939, egli riuscì a fare la fortuna di Enrico Caruso e sua registrando la voce del tenore dopo averla udita alla Scala nel 1902 e accaparrandosi dieci canzoni per un compenso di 100 sterline. Registrate su piatti di shellac , la gommalacca nera che copriva i primi dischi, le canzoni andarono a ruba tra gli italoamericani e convinsero gli impresari dei teatri d'opera a ingaggiare il cantante napoletano per una tournée che si concluse solo alla vigilia della sua morte. Il celebre tenore si spense infatti a Napoli nel 1921, a soli 48 anni, per le conseguenze di un ascesso polmonare causato a New York, nel dicembre dell'anno prima, dai postumi di un incidente subito in scena durante una prova.

Sempre per la Gramophone, in Italia più tardi nota per l'etichetta “La voce del padrone”, il 29 e il 30 giugno 1900 Gaisberg incide a Napoli 35 canzoni napoletane con accompagnamento di chitarra e mandolino. La stessa casa discografica incise nella città napoletana altre 648 matrici, ritornandovi altre sei volte tra il 1907 e il 1930. Tra le tante è il caso di citare quelle che registrarono le voci di Eduardo e Vincenzo Scarpetta con alcune delle loro scenette teatrali, quella del macchiettista Nicola Maldacea e quella dei Figlie 'e Ciro , una troupe familiare di affermati posteggiatori che riscosse un gran successo di vendite con una versione fortemente “provocante” di Cicerenella.

Gaisberg ci ha lasciato la testimonianza delle sue avventure discografiche, alle prese con bizzarri compositori, grandissimi cantanti, celebri solisti e direttori d'orchestra, in The music goes around , una sua autobiografia tradotta in italiano da Leo Brugnatelli e pubblicata nel 1949 con il titolo La musica e il disco dalle edizioni Bocca di Milano. Un libro che non dovrebbe mancare alla lettura degli appassionati per la storia dello stretto intreccio tra la nobiltà del canto, il gusto della ricerca scientifica e tecnologica e l'industria col suo spirito d'impresa e iniziativa. Delle attività napoletane di Gaisberg e del fervore con cui in città si accolse allora l'invenzione del grammofono e del disco oggi possiamo lèggere il bel libro La Sirena nel solco , scritto da Anita Pesce e pubblicato nel 2005 nella collana "Identità sonore" diretta da Pasquale Scialò per Guida Editore (pagg. 158, € 10,40).

Il testo è molto ben documentato, pur avendo una scrittura ariosa e assai leggera. L'autrice ci riporta, per esempio, lo stupore con cui, durante la Piedigrotta del 1895, i due celebri cantanti del varietà dell'epoca, Nicola Maldacea e Berardo Cantalamessa, ascoltarono la voce del tenore afroamericano Bert Sheppard esibirsi da un grammofono con le sue interpretazioni de La canzone delle risate e Negro che fischia . Ebbene, Cantalamessa se n'entusiasmò a tal punto da realizzarne due adattamenti personali che poi incise nel 1901: 'A risata , da solista, e Il fischio , eseguito assieme alla sciantosa Olimpia d'Avigny. Il successo fu grandissimo sia tra il pubblico delle sale teatrali che per le vendite del disco.

Occorre dire che Anita Pesce da molti anni è impegnata negli studi di discologia, bene indagando le dinamiche dell'industria discografica dei primi del Novecento a Napoli e censendo la produzione su 78 giri di ambito partenopeo. Quest'ultimo suo testo intende dare una visione d'insieme di quanto a Napoli accadde fin dagli albori dell'era del suono riprodotto, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Per cogliere i dettagli di una storia fortemente agganciata con quanto di nuovo accadeva nel resto del pianeta nel campo delle invenzioni legate al mondo dei suoni ella parte da lontano. Si vengono così a delineare una serie di coordinate che consentono di collocare il ‘fenomeno Napoli' all'interno di quel complesso meccanismo economico e di sviluppo scientifico che consentì l'attivazione dei primi insediamenti industriali del disco, di cui la città entrò a far parte molto presto.

Tra i primati che la città partenopea può vantare, infatti, uno non troppo noto è certamente quello di essere stata città-guida durante il primo periodo dell'industria del disco a 78 giri. In realtà già dalla fine del XIX secolo, quando fonografi e grammofoni iniziavano a catturare i suoni del mondo, Napoli e le sue canzoni avevano avuto ruoli da protagoniste, così come le strade della città riecheggiavano — sempre nello stesso periodo — dei suoni metallici dei pianini a manovella, che diffondevano 'e ccanzone per i vicoli, le vie e le piazze. Quelle medesime canzoni che trovavano sul disco, a dirla con parole del 1917 di Matilde Serao, «un surrogato indigeribile», ma che per Giovanni Capurro, poco più di un anno dopo, erano « cose nduvinate, / nu muorzo 'e voce che cunzola 'a gente ». Questo ed altro ancora viene narrato in La Sirena nel solco , con l'intento di far cogliere, attraverso un caso particolarissimo e fortunato, lo spirito di un'epoca quanto mai proiettata verso il futuro.

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