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Editoriale del 18 settembre 2006

Sisifo in rete, ovvero dal mito al sito
di Amedeo Messina

Credo sia noto a tutti i miei lettori il mito di Sisifo, l'eroe più furbo tra gli uomini dei tempi primordiali, condannato agli inferi alla pena di un lavoro assurdo: portarlo a termine per poi ricominciare senza posa e sempre. Ricorderete che doveva spingere all'insù un macigno, dalla valle fino alla sommità di una montagna, perché rotolasse poi dall'altra parte. Sennonché la cosa sembra non gli sia mai riuscita. Giunto ogni volta a pochi passi dalla vetta, il masso enorme immancabilmente ricadeva in basso per l'azione del suo stesso peso e Sisifo doveva riprendere il lavoro sempre da capo. La sua colpa era stata quella di sorprendere i misfatti degli dei e rivelarne i malfattori a chi subiva il danno e loro, gli immortali, avevano pensato che non c'è pena al mondo più terribile di un lavoro inutile e senza fine.

Sisifo in un'immagine tratta da www.bloggers.it

Ed eccoci, a proposito di Sisifo, dal mito al sito. Wikipedia è certamente la più diffusa enciclopedia interattiva e bene fanno tutti quelli che segnalano gli apporti volontari dei suoi molti e spesso sconosciuti redattori. Volontari e sconosciuti, ma purtroppo molto spesso anche ignoranti delle cose di cui scrivono a man bassa e poi diffondono nel mondo virtuale della rete. Ciò che dovrebbe essere strumento di valore aggiunto, ovvero la possibilità d'intervenire tutti su ogni contenuto enciclopedico, ben presto si rivela, invece, una fatica immane quanto inutile per chi davvero fosse esperto di un sapere e lo volesse, con disposizione illuministica, spartire tra coloro che ne intendano istruirsi. Infatti al nostro Sisifo irretito - l'attributo qui non è un traslato - accade che il lavoro da lui svolto venga poi distrutto o adulterato in base ai presupposti dell'accesso libero e del "tutti possono editare", anche se anonimi e ignoranti.

La Wikipedia Foundation , dal suo canto, proprio perché garantisce in verità l'accesso a tutti, non si preoccupa per nulla degli strafalcioni che ospita sul proprio sito, difendendosi assumendo come propri i capisaldi del diritto personale alla parola e alla partecipazione culturale. Solo dall'anno scorso ha parzialmente fatto marcia indietro, consentendo di blindare alcune pagine "sensibili" come quelle sulla Cina, sull'Islam o su Cuba, mentre tutte le altre sono aperte a pubbliche intrusioni, e dunque anche ai cretini e agli ignoranti, in genere vigliacchi, perché agiscono protetti dall'anonimato. Chi si sentisse offeso per errori, falsità o diffamazione può ricorrere a Wikipedia Class Action , un sito di "servizio" che coordina le azioni legali da intentare per l'appunto contro questa fondazione. Non sono poche, infatti, le polemiche causate dall'incirca tre milioni di articoli "corretti ed aggiornati" da moltissimi dei 170.000 contatti al giorno che li rendono alla fine inaffidabili e a volte anche illegali.

Va da sé che possono avvalersi della Wikipedia Class Action solo singole persone o imprese minacciate nella violazione della propria privatezza o addirittura diffamate. Quando è il caso, invece, d'insipienze dilaganti in ogni campo dei saperi nessun codice di leggi al mondo ci protegge e l'ignoranza si diffonde tra gli utenti in buona fede col miraggio proprio della rete e con l'aiuto magico del copia e incolla. Chi si trova in cattedra sa bene quanti errori madornali debbono segnarsi in rosso e blu sui compiti dei propri alunni e che risultano in realtà commessi dalle asinerie wikipediane.
Jimmy Donal Wales, per gli amici Jimbo, assieme a Larry Sanger è il fondatore della Free Encyclopedia wikipediana e di essa afferma senza indugi: « è come una salsiccia; è possibile che ti piaccia il gusto, ma non devi necessariamente sapere com'è fatta»

Jimbo Wales in una foto dell'8 maggio 2006 (da Internet )
(da The Guardian , 26 ottobre 2004). E in effetti egli tiene saldamente fede al suo modo di considerare la cultura e le sue modalità di produzione.

Questo proliferare di enciclopedie a contenuto libero diffonde un esercizio malinteso del principio stesso della democrazia. Non si tratta tanto del diritto di pensiero e di parola, anche perché in Wikipedia il primo viene escluso e la seconda la si accoglie anche scorretta, ma si riproduce la modalità, tradizionale nelle società anglosassoni, della pluralità di aggregazioni confessionali o di autodifesa. Da ciò vien fuori l'orgogliosa apparenza di una novità libertaria, qual è l'accesso garantito a tutti mediante la tecnologia della "sorgente aperta", la perfetta uguaglianza dei fedeli che rispettano figure che del carisma hanno l'occultarsi (nel nostro caso Jimbo Wales e il suo decalogo di norme), insieme col rifiuto di maestri e libri e con la simultanea accettazione di strumenti "tecnici" perché si mostrano più semplici e "neutrali". Senza comprendere che tutto ciò perpetua un'ignoranza storica e di classe, appena circonfusa dalle fantasmagorie dei siti-spazzatura che richiamano la massa in nuovi riti privi di ogni senso.

In fondo una cosa è l'essere e sentirsi liberi e altra cosa è il dimostrare competenze necessarie. I saperi, infatti, non son cose su cui sia possibile votare. Un buon contadino o un abile artigiano non verranno fuori mai per decisioni assunte a maggioranza. Né uno storico o un poeta è tale per volere di un consiglio comunale. Nessuno di noi accetterebbe che il chirurgo cui affidare il nostro corpo afflitto sia un passante casuale in giro per le corsie di un ospedale. Eppure chiunque navighi per caso e caschi nella rete wikipediana può asserire su qualsiasi argomento e in ogni istante le notizie più bislacche. Intendiamoci, non metto certo in discussione la perfetta buonafede dei provetti volontari, ma condanno l'idea stessa che della cultura Wikipedia infonde nelle loro teste, ovvero che di tutto si può scrivere senza nemmeno saperlo fare e senza aver studiato a lungo e a fondo ciò di cui ci si vuole interessare.

Tuttavia la cosa ha un gran successo. Si tratta della legge mediatica dei numeri massimi: in televisione e in radio si calcola sulla base percentuale delle udienze e per i siti vale il numero giornaliero dei visitatori. Ma può valere ciò per la cultura e per la scienza? In quale mondo noi vivremmo, se davvero si seguisse questa logica scazonte e assegnassimo, che so?, un maggior prestigio filosofico a Luciano De Crescenzo piuttosto che a Giorgio Agamben per la vendita delle copie dei loro libri? E poi, per dirla tutta, anche la scuola sforna ogni anno un gran successo di promossi e le università proclamano dottori in questo e quello a tutto spiano. Eppure noi sappiamo come il paese viaggi ancora tra gli ultimi in Europa nell'acquisto di libri e di giornali e l'Istat ci consegna una pagella di analfabetismo per la maggioranza degli italiani.

Wikipedia può difendersi asserendo che ogni articolo del sito è suscettibile di modifiche da parte di sempre nuovi accessi. La cosa è talmente vera da essere del tutto falsa. In realtà l'esperto può decidere in qualsiasi momento un intervento correttivo sull'articolo insipiente, e ciò soltanto per amore di un sapere che coltiva e che vorrebbe coltivato da un maggior numero di persone. Ma scoprirebbe, dopo pochi giorni, che la mano volontaria dell'incolto ha modificato a propria volta le modifiche apportate, con il risultato del vantaggio pieno dell'impero dei somari. Ecco perché ritengo una fatica di Sisifo quella del cultore disponibile a tentare almeno il salvataggio dei saperi certi e condivisi. Del resto, che volete? Non si è appena detto che l'analfabetismo è qui da noi maggioritario?

Di ciò sono un diretto testimone e perciò sono autorizzato a denunciarlo ad alta voce e per iscritto. Ho provato varie volte a modificare, da studioso della lingua partenopea, termini ed articoli comparsi nelle varie pagine del sito pseudonapoletano http://nap.wikipedia.org/wiki/Paggena_prencepale (il logo è quello posto all'inizio di questo pezzo) con il risultato di non essere riuscito a trascinare mai il masso di un sapere vero fino alla vetta. Puntualmente ciò che io con gran pazienza correggevo o approfondivo era disfatto o imbozzacchito e, insomma, fatto rotolare in basso, verso la palude delle rane gracidanti non capisco quale scempia lingua che sarebbe, a loro dire, addirittura,
«'A lengua ca se parla, cu 'e vvariante soje 'int' ô sudd [ sic ] d' 'a penisola taliana [sic], 'a ll'Abruzze [sic] e 'o sud d' 'o Lazio, nfin' â Calavria [ sic! ] e â Puglia». Lingua prebabelica, codesta, oggi parlata e scritta solo dai sublimi seraphìm wikipediani.

Una prova in più della mia testimonianza è data dalla circostanza che su quel sito la rubrica " zitazzione [sic!] d''a semmana " è presa ogni sette giorni dalle mie traduzioni in lingua napoletana che compaiono in http://www.logosdictionary.org e senza però che ne citino l'autore o imparino qualcosa. Così pure il nodo lì presente per il Dezzunario d''e parole napulitane 'e Logos rinvia ai miei contributi al dizionario "Logos multilingue" curato dall'ottimo Gianni Gavioli. Tuttavia anche qui non troverete citazioni del mio nome, né mi pare che i wikipediani partenopei se ne siano un granché giovati per stilare il loro sedicente "dizionario delle parole napoletane del Wiktionary", un autentico inventario di sciocchezze lessicali che non esistono in alcun linguaggio dell'Italia meridionale e sono da mettere sul conto di coloro che io designo "analfabeti di due lingue".

L'accuratezza delle informazioni circolanti sul sito "napoletano" di Wikipedia è ben documentata, inoltre, dalla rubrica "Collegamenti esterni", in cui si trova bensì un nodo verso il nostro Istituto Linguistico Campano, ma che fa soltanto scena, perché i redattori non ne traggono profitto alcuno nello studio e nella resa della lingua che asseriscono di amare. E c'è di più. L'utente ingenuo, infatti, è indotto a collegarsi con due siti non più esistenti in rete: " introduzione al napoletano " e " accademia napulitana ". Infine lo si esorta a connettersi ad un sito (" ammasciata ") che non è più aggiornato da oltre un anno, ma la cui "napoletanità" è un autentico paccotto virtuale alla maniera dei wikipediani più accaniti. Mi risulta che qualcuno gliel'ha pure mandato a dire, ma la cosa si è dispersa nel vuoto telematico del sito, dove il gruppo dei solerti wikipediani è troppo preso dal progetto di trascrivere l'intero mondo dei saperi in un napoletano strampalato.

La nostra lingua anche in ciò è straordinaria: essa appartiene a locutori che per la maggioranza non la sanno leggere, né scrivere, e nemmeno a volte la capiscono, quando la trovano stampata. Amarla significa perciò farne uno studio rigoroso, prima di provarsi a scribacchiarla e porla alla berlina in pubblico, col solo intento di affermare scioccamente: et in Arcadia ego , ovvero simmo tutte purtualle . Alla maniera di come insegna il vecchio apologo di quel cilindro stercorario che, trovandosi per mare in compagnia di agrumi, con sillogistica incoerenza si ritenne arancia per il fatto di galleggiarvi anch'esso.

Nicolas Poussin, Et in Arcadia ego , Paris, Louvre
Certo, il volontariato attivo è roba seria, ma non può dimenticare che la stessa volontà dev'essere educata, se non vuol essere dannosa. Chi pubblica ha il dovere di non ingannare i suoi lettori, anche se in buonafede. In privato posso anche tentare di scrivere una lingua che non conosco, ma non si può gabellare per napoletano ciò che del popolo di Napoli non è ora e non è mai stato prima.

Confesso che mi sono fatto come Sisifo in tal sito. Perciò non mi ritrovo col giudizio espresso a chiare lettere da Luigi Mosca sul Corriere del Mezzogiorno del 30 agosto 2006, secondo il quale nella Wikipedia partenopea « l'accuratezza delle informazioni è garantita da un processo spontaneo di correzione». Non è affatto vero. Ossia lo è con risultati effimeri e pertanto inutili e dannosi alla salute. Errori e cantonate cui si è posto un buon rimedio tornano d'incanto a sopraffare correzioni e aggiornamenti. Basterà a chi ne prendesse voglia andarsi a lèggere l'articolo sull'astronomia oppure quello in prima pagina, per poi emendarli e qualche giorno dopo darsi a una verifica di quanto accade. Qualcuno avrà ritenuto di saper fare certamente meglio perché, com'è noto, ognun dal proprio cor altrui misura , e il metro adoperato dai somari differisce assai da quello originale conservato a Sèvres.

Sia chiaro che l'articolo di Luigi Mosca ha offerto una buona informazione e soprattutto gli va il merito di aver definito "lingua regionale" quella nostra che altri vogliono dialetto. Non gli si può far torto, invece, di non aver sperimentato, su quel sito di cui parla, la perfetta inefficacia di ogni tentativo emendatore prima di esprimerne un giudizio positivo. Encomiabile è l'autore anche per essersi avveduto - e averlo scritto - della redazione quanto meno assai precaria dell'ortografia wikipediana del napoletano, per tacere delle informazioni a ccapa 'e mbrello che si danno sia su Napoli che in altri campi, ma mi chiedo se ciò basti a rendere avvertite le migliaia di lettori consultanti quelle pagine, prendendole magari per guide esperte di scrittura, del pensiero e della storia. Mi si dirà che sì, d'accordo, ma un napoletano d.o.c. saprà ben accorgersi della magagna! Non è vero che per pochi, e questo lo sappiamo, ma confesso che un pensiero empatico mi corre soprattutto verso gi italiani all'estero, da più generazioni, il cui cuore ancora batte verso Napoli e la sua lingua.

Qualcuno potrà chiedersi a tal punto se non ci sia, nel sito dei wikipediani falsi amici del partenopeo, un garante, un dirigente, cui rivolgere domande, se non proprio una protesta. Certo che c'è. Il suo ruolo vi è indicato come "amministratrice" e risponde al nome di Sabine Cretella. Da una rapida escursione in Internet sappiamo ch'ella è d'origine tedesca e attualmente vive tra Regensburg in Germania e Maiori sulla costiera amalfitana (anche se Luigi Mosca la fa vivere a Tramonti).

La signora Sabine Cretella (da Internet)
Di professione è traduttrice, conoscendo, a quanto afferma, oltre al tedesco, l'inglese, lo spagnolo, il francese e l'americano (sic!). Lingua inesistente, quest'ultima, e dunque nota solo alla signora, tranne che con tale sostantivo ella non abbia inteso richiamare il nahuatl, l'inuit, il quechua, il guaranì o altro linguaggio ancora. Delle prime non saprei dire, ma per quanto attiene all'italiano, che si perita di aggiungere alla lista, occorre dire che non lo scrive affatto bene.

Del napoletano, infine, lingua di cui amministra il sito wikipediano, meglio stendere coperte di silenzio. Vero è che proprio lei c'informa di conoscerlo da soli cinque anni, ma possibile che non ci sia qualcuno che le dica di mettersi a studiare, invece di esibire la sua ignoranza della lingua partenopea? Si tratta d'una volontaria, ovvero nessuno la obbligava a fare pessime figure e, proprio per questo, tanto più nefando è il suo proporsi come esperta d'una lingua di cui sa davvero molto poco, di una storia di Napoli e Campania di cui le mancano le basi elementari. Si tratta, inoltre, d'una giovane signora e perciò di tempo per lo studio ne ha parecchio. Infine è madre, sempre lei ci dice, di due bimbi di quattro anni e ciò dovrebbe consigliarle di badare meglio che può al suo buon nome, più che a fare figuracce. Vero ignorante, insegnavano a noi i nonni, non è chi non sa qualcosa, perché non c'è nessuno che davvero sappia tutto, ma chi non sa ciò che dice di sapere.

Che fare perché si metta fine a tale scempio del napoletano? Una domanda che sul nostro sito si è costretti a porre troppo spesso. Sono fin troppi, infatti, gli spazi in rete che propongono di Napoli un linguaggio che col napoletano ha ben poco da vedere. In Wikipedia si sarebbe indotti a ritenere che una direzione interessata seriamente a conseguire le finalità previste da una fondazione internazionale debba e voglia intervenire.
Non è così. O almeno a noi non è riuscito.


Jimbo Wales tiene saldo il timone wikipediano (da Internet)

Se proprio tra i lettori ci fosse un paladino della napoletanità, disposto a fare buona prova, fino a spingersi alla fonte wikipediana, gli fornisco l'indirizzo del gran capo che se ne sta beatamente nella Florida: Mr. Jimmy Wales, Wikimedia Foundation, Inc. - 200 2nd Avenue South, #358 -St. Petersburg FL 33701-4313 (USA). Ed eccoci di nuovo a Sisifo, perché per noi è stata un'altra inutile fatica e, inoltre, ricordatevi che quell'antico eroe andò all'inferno, incontro alla sua terrificante pena, proprio per aver detto la verità a chi gliela chiedeva. Beati i popoli tra i quali i testimoni non sono degli eroi.

Va da sé che un organismo di tutela della lingua napoletana non può essere privato. Tale compito il popolo dei parlanti lo delega a chi governa la cosa pubblica. E che cosa c'è di maggiormente pubblico in un paese, se non la lingua che il popolo da secoli vi parla? Anzi, per meglio dirlo con parole di Emil Cioran, più che un paese, ciascuno di noi abita una lingua. Quella stessa e sempre nuova resa bella ed armoniosa dal lavoro millenario di uomini e di donne. Dai testi di poeti e drammaturghi. Dalle voci degli attori e dei cantanti. Quella conosciuta e amata in tutto il mondo e della quale adesso i siti-spazzatura e un perdurante analfabetismo ci vorrebbero espropriare. E allora non c'è dubbio che ad intervenire debbano essere governanti e amministratori della città, della provincia, della regione. Noi dell'Istituto Linguistico Campano riteniamo ormai da tempo che sia giunto il tempo di procedere dall'alto, come già si è fatto altrove, a norme di tutela, di valorizzazione e insegnamento. Per una lingua che fa per noi molto di più di quanto si fa per essa.