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Tribunale della Vicaria
Carlo Coppola
Napoli, Museo di San Martino

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Progetto di Legge Integrativa n. 2745 del 14 maggio 2002
per favorire l’ingresso del napoletano
nel nòvero delle Lingue minoritarie tutelate
dalla Repubblica Italiana


presentato dai deputati Sergio Cola e Vincenzo Siniscalchi
su iniziativa di M. Canzanella e A. Messina

Art 1. : si applicano al napoletano tutte le norme previste dalla Legge del 15 Dicembre 1999, n. 482 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche e storiche” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999.

TESTO

Il bisogno politico sempre più avvertito oggi d’una comunità sovranazionale come federazione di popoli e di stati comporta, forse nel prossimo futuro, la necessità di un’omologazione linguistica europea che preservi però il patrimonio delle lingue nazionali e garantisca altresì quelle minoritarie. Ovvero quelle lingue regionali di cui tempo addietro Lionel Jospin, allora a capo del governo transalpino, sollecitava l’inserimento tra le discipline curricolari nelle scuole, richiamandosi alla Carta del Consiglio d’Europa sulle culture locali.

Vogliamo ricordare ciò che ebbe a dire Pier Paolo Pasolini, ricordando come «le lingue regionali sono lingue nel pieno significato del termine, e qualche volta più ricche e più complesse delle lingue dette nazionali». Tutti sanno, infatti, che queste ultime non sono che l’espressione d’una supremazia politica di un dialetto su tutti gli altri, ma che solo le lingue regionali, provenienti da profonde e mai soppresse tradizioni orali, sanno tener viva la libera ed autentica parola di un popolo e dei suoi protagonisti.
I mille anni di storia d’una lingua come quella napoletana, ricca oggi di non meno di 6 milioni di parlanti e nobile per la sua antica e sempre nuova cultura letteraria, in ambito poetico, teatrale, narrativo e musicale, meritano a nostro avviso molto più d’un riconoscimento legislativo, per altro reso necessario dall’ossequio agli artt. 3, 5 e 6 della nostra Costituzione. I suoi locutori adulti sono in maggioranza analfabeti di ritorno d’una lingua obbligatoria, qual è quella nazionale, ed incapaci di lèggere e di scrivere quella che persiste nella voce e nella mente, nonostante l’oggettiva proibizione di conoscerla e impararla.

Giunti alla vigilia di una sempre più cogente unità politica degli Stati europei, le singole nazioni hanno l’obbligo di salvaguardare le peculiari identità culturali dei popoli sovrani. Da ciò nasce il bisogno di riconoscere la lingua napoletana come un elemento imprescindibile del patrimonio culturale della città partenopea e della Regione Campania. Basterà qui ricordare che la gran parte della produzione drammaturgica e poetica avviene ancora oggi in questa lingua. Essa circola nel mondo, garantendo reddito ed immagine all’Italia intera, ma in forme prive dell’insegnamento necessario.

Il napoletano viene già regolarmente insegnato in svariati Istituti di Cultura di tutto il mondo, tranne che a Napoli e in Italia. Tali attività didattiche sono altresì presenti in numerosi Conservatori di Musica dove l’apprendimento della lingua consente un’adeguata esecuzione d’opere appartenenti al repertorio classico e attuale della canzone partenopea. Non c’è da meravigliarsi allora se, ad esempio, canti che onorano l’intera comunità nazionale vengono ben pronunciati più da giapponesi che da celebri cantanti lirici italiani.

La tutela giuridica del napoletano avvierebbe inoltre, noi crediamo, la risoluzione del fenomeno della sua colonizzazione da parte delle organizzazioni camorristiche che da un lato se ne impadroniscono, in assenza d’un messaggio forte ed autorevole e, dall’altro, lo deturpano attraverso l’utilizzo della cultura locale come fonte di propaganda e di indotti finanziari criminali, bloccando così il normale sviluppo della società civile partenopea.

La sempre più frequente invadenza, anche in tv private, di una versione “plebea” della cultura napoletana, auspicata dalla Camorra e contraddistinta da elementi d’aggressività e qualunquismo culturale, sta provocando un gravissimo fenomeno dissociativo. La maggioranza dei locutori, infatti, rifiutando ogni rapporto con tali rappresentazioni, preferisce rimuovere l’uso pubblico della lingua, optando in tal modo per un’autocensura culturale. Tale rimozione linguistica, estendendosi rapidamente da un bando personale e familiare ad un tàcito bando comunitario, sta minacciando oggi la trasmissione generazionale del napoletano alla quale, come in qualsiasi altra lingua, è legata strettamente.